PARLIAMO DI FONDI PENSIONE

Le uniche frecce al nostro arco sono: il prodotto giusto, il tempo e la capitalizzazione composta

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Parlo da millennial quando dico che i nostri genitori e i nostri nonni hanno vissuto il periodo d’oro, pensionisticamente parlando: il loro pensiero su questo argomento potrebbe essere quello di un meritato riposo a 60 anni “quando sei ancora giovane” (per non parlare dei pre-pensionati a 38 anni) e di una pensione “più o meno come l’ultimo stipendio”, continuare ad avere lo stesso tenore di vita, ma con molto più tempo libero per coltivare le proprie passioni, i nipoti, fare i viaggi che non hai mai avuto il tempo di fare.

Purtroppo per noi, e per tutte le generazioni che verranno, questo bel sogno è terminato bruscamente! Si è capito che il sistema della previdenza obbligatoria così non poteva andare avanti: i soldi sono finiti, ovvero, i lavoratori di oggi non bastano più a coprire i pensionati e le prestazioni che assicura il nostro sistema di welfare, quindi l’unica soluzione percorribile è stata quella di allungare l’età per andare in pensione ed abbassare la rendita che percepiremo passando dal sistema retributivo di prima a quello contributivo, tanto che, se ci va bene, avremo come pensione il 60/70% dell’ultimo stipendio percepito (noi autonomi forse il 38%) lavorando fino a 67/70 anni. Un incubo. Saltano tutti i progetti di una vecchiaia serena.

 

Quota 100 non risolve la situazione, infatti la manovra finanziaria introdotta in via sperimentale per 3 anni è una sommatoria tra età anagrafica e contributi versati e permette a chi la raggiunge di anticipare di qualche anno il momento del pensionamento rispetto alla pensione di vecchiaia che dal 2019 si raggiunge a 67 anni. Il minimo di età è comunque 61 anni e di fatto comunque penalizzerà per circa il 30% l’importo della pensione percepita.  

 

Le uniche frecce al nostro arco sono: il prodotto giusto, il tempo e la capitalizzazione compostaCerchiamo di trovare una soluzione.

 

Lo Stato, con la riforma previdenziale, ha introdotto il pilastro della previdenza complementare, i fondi pensione, cui riconosce agevolazioni fiscali anche per i familiari fiscalmente a carico. Vediamo i punti fondamentali:

 

Un aspetto che mi sento di sottolineare fortemente, se i vantaggio che ho elencato sopra sono comuni a tutti i tipi di fondi pensione, in quanto previsti dalla legge, quello che differenzia invece le varie forma di fondi pensione sono i costi. Vi sono molti fondi pensione che offrono i vantaggi sopra esposti a costi di gestione contenuti, ma non tutti! 

 

Sul sito istituzionale della covip (www.covip.it) che è l’ente di vigilanza sui fondi pensione, sono disponibili le schede costi di tutti i fondi pensione esistenti in Italia, questo permette a chi fosse interessato a prenderne visione, di fare dei facili raffronti. In sostanza, i fondi (soprattutto i chiusi) costano di meno rispetto ai Pip: per esempio, se si aderisce per 10 anni a un fondo chiuso si ha un costo annuo medio dello 0,4%, se si aderisce a un Pip, il costo medio annuo sale al 2,2%. Addirittura, dopo 35 anni di adesione, confrontando il Pip meno costoso in assoluto si vedrà che è comunque solo di poco più conveniente del fondo chiuso più costoso (0,4% contro 0,6%). Non è un dato solamente statistico, ma un dato che ha un risvolto pratico – e molto importante: infatti, più gli strumenti costano, come i Pip, più bassa sarà la pensione integrativa. I fondi aperti si collocano come costi poco sopra i fondi chiusi, comunque molto più convenienti dei PIP.

 

La scelta del fondo pensione e di quanto destinarci dipende da vari fattori, come gli anni che mancano prima di andare in pensione, il reddito percepito, la situazione contributiva, il fatto di essere un lavoratore autonomo oppure dipendente. In questo aspetto subentra il lavoro del Consulente, che aiuterà il cliente sia nella scelta del migliore fondo pensione adatto alle sue esigenze, sia nello stabilire importo dei contributi e periodicità dei versamenti

 

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